Regia: Simone Massi. Sceneggiatura: Julia Gromskaya e Simone Massi. Montaggio: Simone Massi.
Musiche: Lorenzo Danesin. Interpreti voce: Marco Baliani, Ascanio Celestini, Mimmo Cuticchio, Luigi Lo Cascio, Neri Marcorè, Giovanna Marini, Toni Servillo, Filippo Timi. Produttori: Michela Pini, Salvatore Pecoraro. Distribuzione: Lucky Red. Origine: Italia, 2023.
Tre bambini, in diverse epoche del Novecento, 1918, 1943 e 1978, attraversano le guerre mondiali e gli anni di piombo. A raccontare i quarantamila fotogrammi disegnati a mano uno per uno ci sono le voci di Marco Baliani, Ascanio Celestini, Mimmo Cuticchio, Luigi Lo Cascio, Neri Marcorè, Giovanna Marini, Achille Massi, Gemma Massi, Toni Servillo e Filippo Timi.
Partire dal titolo può tornare utile: "invelle", in dialetto marchigiano, significa "in nessun posto". In effetti Simone Massi racconta un non luogo popolato di ricordi, di persone anonime che hanno attraversato gli orrori della guerra senza premi, né medaglie, e senza finire sui libri di storia.
Alle tematiche da sempre care a Massi, come la terra, la memoria, la civiltà contadina, si aggiunge il filo rosso della resistenza, riportato anche cromaticamente nel film, in bianco e nero tranne appunto dei dettagli rossi. A scomparire inesorabilmente, con il progredire degli anni e l'avvicendarsi delle generazioni, è la civiltà contadina. Massi la "riporta in vita" ripercorrendo, attraverso lo sguardo di tre bambini contadini in tre diverse epoche del Novecento - le due guerre mondiali e gli anni di piombo - la storia del Novecento, con uno sguardo politico preciso, rigorosamente antifascista.
L'obiettivo dichiarato è mostrare a chi guarda come le storie, le più piccole, quelle "della provincia della provincia della provincia", solo apparentemente insignificanti, di fatto si incontrino con la Storia, la segnino pur nell'invisibilità, e finiscano per scontrarsi con gli eventi più sconvolgenti del nostro Paese. Che cosa resta di noi, della nostra storia e della Storia che attraversiamo? Questo il quesito che attraversa inquieto e ribelle il lavoro di Massi, la cui risposta sta proprio nella messa in risalto della gente che resta invisibile, che non verrà mai celebrata con illustri vie o piazze, ma che la Storia l'ha fatta e subita, come ha subito la guerra e le sue devastanti conseguenze sulla propria pelle.
Resistere, ricordare, rivendicare sono i verbi fondamentali che reggono l'opera di Massi, la cui pluripremiata animazione è da trent'anni un potente mezzo espressivo, visivamente e artisticamente interessante come pochi, che mira a rivolgersi a un pubblico prevalentemente adulto, e in questo Massi rappresenta davvero un unicum in Italia e non solo. Allergico ai dialoghi, preferisce affidarsi a voci fuori campo e spesso fuori sinc, quasi a voler dire che prima viene sempre la potenza assoluta dell'immagine, dopo tutto il resto.
L'emotività anticipa il logos, il ragionamento, la parola, e in quest'anticipazione emotiva c'è tutto lo spessore del cinema di Massi. Che prima di essere analizzato va vissuto, l'intellettualizzazione delle sue opere è sempre a posteriori.
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