Benché la sua personale commedia umana continui a raccontare storie di tradimenti (delle speranze, dell'amicizia, del partner), il "touch" di Pupi Avati non tradisce né il regista, né il suo pubblico. Facendo ricorso a esperienze autobiografiche, in Ma quando arrivano le ragazze? Avati mette in scena, con la grazia e la malinconia evocativa cui ci ha abituati, un forte sodalizio destinato prima a trasformarsi in rivalità, poi a sublimarsi nella memoria: quello tra il borghese Gianca, innamorato del sassofono, e il proletario Nick, più irregolare, più irrequieto, più naturalmente dotato per la musica di quanto lo sia l'amico. Gianca e Nick fondano un gruppo musicale, il Joy Spring Quintet, che si conquista un piccolo spazio; ma il secondo prenderà il volo sulle note della propria tromba, diventando un solista di grande successo.
Disteso sull'arco di dieci anni, ambientato in una Bologna "privata" e senza tentazioni di colore locale, osservato dal punto di vista di Gianca, il film è la storia della doppia educazione sentimentale dell'Io narrante; che dovrà misurare la distanza tra passione e talento e superare il tradimento della sua Francesca, "una delle undici ragazze più belle di Bologna", con l'amico del cuore.
Avati è persuaso che ogni esperienza, ancorché dolorosa, aiuti a crescere e a conoscersi: e fin qui, niente di nuovo. Il fatto è che ci credi di più quando lo vedi nei suoi film. Dove anche le inquadrature delle comete, anziché evocare guerre stellari, ispirano pensieri di pacificazione con sé e con gli altri.
Un nuovo capitolo nella tradizione del repertorio avatiano, insomma. Non soltanto, però. Nella filmografia del regista bolognese, Ma quando arrivano le ragazze? rappresenta, almeno in un senso, una novità: è il film della maturità di Avati che mette in scena la prima sintesi generazionale compiuta; laddove, da "Impiegati" (1984) in poi, i giovani erano rappresentati piuttosto come corpi estranei, da capire e magari da proteggere.
Qui s'intuisce invece una continuità fondamentale tra le generazioni, in cui ciascuno (anche nei necessari rifiuti) è formato in profondità dall'altro: i figli dai padri come i padri dai figli. Ci riferiamo in particolare al bel personaggio del commercialista deluso, interpretato con sorprendente partecipazione da Johnny Dorelli. Anche la terna dei giovani interpreti è ben scelta: come se a ogni volto corrispondesse un destino.
(Roberto Nepoti)
Soggetto e sceneggiatura: Pupi Avati. Scenografia: Simona Migliotti. Costumi: Catia Dottori. Musiche: Riz Ortolani. Temi jazz: Giovanni Tommaso. Montaggio: Amedeo Salfa. Interpreti: Claudio Santamaria, Vittoria Puccini, Paolo Briguglia, Johnny Dorelli, Augusto Fornari, Enrico Salimbeni, Manuela Morabito, Eliana Miglio. Produttore: Antonio Avati. Distribuzione: O1 Distribution. Origine: Italia, 2004.