Regia: Rebecca Zlotowski. Sceneggiatura: Gaëlle Macé, Rebecca Zlotowski. Fotografia: Georges Lechaptois. Montaggio: Géraldine Mangenot. Musiche: Robin Coudert. Scenografia: Katia Wyszkop. Costumi: Bénédicte Mouret. Interpreti: Jodie Foster, Daniel Auteuil, Virginie Efira, Mathieu Amalric, Vincent Lacoste, Noam Morgensztern. Produttori: Frédéric Jouve, Rebecca Zlotowski. Distribuzione: Europictures. Origine: Francia, 2025.
Lilian Steiner è una psicanalista di origini americane, perfettamente integrata nell'ambiente della borghesia parigina, separata dal marito Gabriel e in difficoltà anche con il figlio Julien, appena diventato papà a sua volta. Rigida, nervosa, chiaramente bloccata, non ascolta più veramente i suoi pazienti. Se ne accorge il giorno in cui muore una di loro, Paula, e lei comincia a lacrimare copiosamente, incapace di tenere a bada un sintomo che non sa spiegare e che nemmeno l'ex marito oculista è in grado di curare. La scettica dottoressa finisce così da un'ipnotista, che la guida dentro una storia segreta, che la riguarda e la lega alla donna scomparsa. Convintasi che Paula sia stata assassinata, con l'aiuto di Gabriel, Lilian si mette a investigare. Nome di spicco del cinema francese del presente, Rebecca Zlotowski si è fatta strada proponendo un lavoro intelligente e sensibile, ma anche accessibile; un cinema personale, ma non forzatamente di nicchia. Vie privée porta questa combinazione a un livello più scoperto rispetto al precedente I figli degli altri, complice la presenza di Jodie Foster, al suo primo film di lingua (e cultura) francese. Si comincia in chiave quasi pop, col più famoso brano bilingue dei Talking Heads, Psycho Killer, ed è subito chiaro che quello che stiamo per penetrare sarà a suo modo un gioco mentale, hitchcockiano, autoriflessivo e che la regola del gioco è che non ci si deve prendere (solo) sul serio.
Come in un whodunit inglese, una protagonista ipersensibile deve risolvere un mistero che la chiama direttamente in causa; come in un film di Woody Allen il mistero e la commedia non solo non si escludono ma si nutrono l'uno dell'altro (e la coppia Foster-Auteuil ricorda da vicino la coppia Allen-Keaton di Misterioso omicidio a Manhattan); come in una commedia del rimatrimonio lui e lei competono e poi fanno squadra sullo stesso fronte (lei cura le anime, lui i loro specchi). Chi ha ucciso la paziente di Lilian? È stata la figlia, resa folle dalla gravidanza? Il marito, che sembra avere un'arma al posto dello sguardo? O è stata Lilian stessa, sbagliando qualcosa?
Ma dietro il gioco del cinema c'è anche la vita privata (il titolo originale del film non è solo un omaggio a Louis Malle), in particolare quella della regista stessa, ebrea parigina che suonava il violoncello e ha perso la mamma da ragazzina, trasformando il suo cinema a venire in un dialogo con i fantasmi. È proprio Paula (nei panni della quale ritorna Virginie Efira) che parla, infatti, la sua analista dall'altra sponda, attraverso un messaggio in codice lasciato su una prescrizione, e la spinge a ridare senso a un mestiere a cui Lilian non crede più (messa in crisi anche dalle false accuse del primo paziente).
Giallo psicologico, morbido come il vino rosso che i personaggi bevono con piacere, il film può sembrare ambire a contenere troppe anime al suo interno, ma è proprio in questa non facile compresenza di accenti diversi, e nel modo in cui maneggia l'obiettivo personale e quello d'intrattenimento, che sta il suo maggiore interesse.
La psicanalisi, lungi dall'essere un pretesto, è oggetto di scherzo ma non di negazione, così come sono oggetto di scherzo le abitudini dei francesi (partire in vacanza!) per la razionalità anglosassone e efficientista di Lilian/Foster: perché è delle cose che si amano che si può scherzare con affetto, ed è con saggia leggerezza che si può parlare di ciò che più fa male.
MULTISALA NOVECENTO
Via del Cristo, 5 - 42025 Cavriago (Reggio Emilia)
0522 372015
P.IVA 00132130352
IBAN IT44C0103066290000000376274
RICEVERAI IN ANTEPRIMA LE NOVITA'
SULLA PROGRAMMAZIONE E SULLE PROMOZIONI ESCLUSIVE.