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scheda Film
DUSE

DUSE

di Pietro Marcello
con Valeria Bruni Tedeschi, Giovanni Morassutti, Noèmie Merlant

Trailer
Genere: Film
Durata: 120'
Trailer

Regia:  Pietro Marcello.  Sceneggiatura: Letizia Russo, Pietro Marcello.  Fotografia: Marco Graziaplena. Montaggio: Fabrizio Federico. Musiche: Carlo Crivelli. Scenografia: Gaspare De Pascali. Costumi: Ursula Patzak. Interpreti: Valeria Bruni Tedeschi, Fanni Wrochna, Noémie Merlant, Fausto Russo Alesi, Edoardo Sorgente, Vincenzo Nemolato, Giovanni Morassutti. Produttore: Carlo Degli Esposti, Nicola Serra. Distribuzione:       PiperFilm. Origine: Italia, Francia,  2025.                     

Sul finire della prima guerra mondiale, la "divina" Eleonora Duse è una star del teatro che manca dalle scene da quasi un decennio. La fine del conflitto e un ritrovato stato di salute, oltre alle difficoltà economiche, la spingono a rimettersi in gioco recitando Ibsen assieme alla sua troupe. Ma il mondo sta cambiando, per le strade le camicie nere picchiano, e l'orrore della guerra deve ancora essere metabolizzato. Spinta dalle parole di Sarah Bernhardt, la Duse prova allora a intercettare il nuovo che avanza affidandosi a Giacomino, aspirante autore senza esperienza. Lo spettacolo è un fallimento e metterà in crisi l'attrice, che tornerà ad avvicinarsi al "suo" D'Annunzio mentre la figlia Enrichetta continua a sentirsi trascurata da una madre che si consacra all'arte e alla recitazione. Pietro Marcello torna dopo la parentesi delicatamente fiabesca de Le vele scarlatte con un ritratto immaginato e finale della leggendaria Eleonora Duse, riprendendo il filo del dialogo con l'acclamato Martin Eden.  La Duse di Valeria Bruni Tedeschi è una forza spiritata che non vuole arrendersi all'obsolescenza, "donna del mare" ibseniana in un mondo ancora gravato dalle ferite molto terrene della guerra.

Anche Martin Eden del resto era uomo del mare, e dalla relazione tra un film e l'altro Marcello può trarre uno studio per contrasti sul Novecento italiano, periodo che evidentemente gli sta a cuore: Napoli da una parte, Venezia dall'altra, e soprattutto il passaggio da un'epopea di costruzione del sé, in perenne divenire, alla tragedia di chi pur nella grandezza è già stata ciò che è stata, e non sembra in grado di intercettare il futuro.

Mentre un viaggio in treno, lento e inesorabile, unisce il paese nel trasporto del Milite Ignoto (e nell'uso dei materiali d'archivio restituisce al regista la sua cifra stilistica più celebre, anche se stavolta più in sordina), la Duse procede a strappi, torna sui suoi passi, percepisce una fine ma cerca di esorcizzarla con mille nuovi inizi; la mia anima, dice, "è la traversata". La presenza scenica di Valeria Bruni Tedeschi, impossibile da intrappolare in un ruolo che non sia il suo, viene saggiamente liberata dentro il recinto fantastico di una diva inconoscibile e perciò tutta da inventare.

È una prova attoriale feroce e bambinesca al tempo stesso, dal carattere respingente ma piena di momenti memorabili. Nella parte iniziale dà sfoggio del suo potere, estraendo teatro dai suoi attori attraverso il famoso metodo pre-Stanislavskij, o riservando alla macchina da presa uno sguardo deliziosamente manipolatorio sotto al trucco di scena sfatto sul volto, perché non le si dica mai e poi mai che "è troppo tardi". Quando le certezze vengono meno emergono invece le sfumature più crudeli e patetiche, e forse finalmente consapevoli, che culminano in un'interpretazione casalinga e fin troppo trascendente di Mangiafuoco.

Se Martin Eden era disegnato a tratto ampio, e animato da un protagonista capace di ingoiare il secolo nell'arco di una falcata, con Duse Marcello realizza un film più sottile sul dubbio e sul fallimento, catturando un breve momento storico in cui i personaggi sono paralizzati dal non saper decifrare il presente. Il suo è un controcampo sugli albori del fascismo (in questo fa un interessante tutt'uno con la contemporanea serie M - Il figlio del secolo) dal punto di vista di un mondo dell'arte che d'improvviso non ha più le risposte. Il lavoro sulle scenografie e sui costumi - e su come essi si trasformano - illustra il punto ancor più chiaramente di quanto possa fare Sarah Bernhardt nella fulminante comparsata di Noémie Lvovsky.

La regia di Pietro Marcello è ricca di trovate ispirate, fotografate nei toni freddi del blu in una Venezia desolata ed eterea. Mentre si moltiplicano le immagini che richiamano alla cecità e a uno sguardo offuscato, nella seconda parte si fa strada un palpabile senso di imbarazzo per una protagonista che si vende a Mussolini dopo aver "bruciato" Ibsen e lo stesso D'Annunzio (il sempre notevole Fausto Russo Alesi in un'interpretazione estrema, che non si fa schiacciare dagli eccessi di Valeria Bruni Tedeschi) sull'altare di un'incrollabile devozione - alla propria storia, al teatro, o forse all'idea di poter rimanere avanti al tempo. 

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