Regia: Jason Bateman. Sceneggiatura: Kevin Wilson. Fotografia: Ken Seng. Montaggio: Robert Franzen. Musica: Carter Burwel. Scenografia: Kara Zeigon. Interpreti: Nicole Kidman, Jason Bateman, Christopher Walker, Maryann Plinkett, Kathryn Hahn, Michael Chemus, Josh PIS, Marin Ireland, Joe Lanza. Produttori: Jason Bateman, Nicole Kidman. Distribuzione: Adler Entertainment. Origine: U.S.A., 2015.
Ci sono libri che si rivelano piacevolissime sorprese e che per tema, scrittura, capacità di coinvolgere, non riesci a smettere e leggi quasi tutto d'un fiato, tempo permettendo. Uno di queste piccole meraviglie è "La famiglia Fang" di Kevin Wilson, scrittore del Tennessee al suo primo romanzo dopo una serie di racconti. Si capisce subito che le storie dei suoi bizzarri e interessanti, anche se non simpaticissimi personaggi, si intrecciano con ricordi ed esperienze di padre e di figlio, con una conoscenza ravvicinata col mondo della letteratura e della performance art, come dimostra l’episodio dell’artista ferito dall’assistente, che si riferisce al leggendario Chris Burden, campione delle installazioni autolesioniste, scomparso l’anno scorso . Leggendo si ride, ci si incuriosisce e ci si immagina l'aspetto di A e B, Annie e Buster (nel film diventato Baxter) e dei loro scriteriati genitori che li coinvolgono nella loro “arte”, convinti che per portare provocazione e scompiglio in un mondo statico e prevedibile ogni mezzo sia lecito.
Di un libro del genere ci si può facilmente innamorare e proprio questo è successo a Nicole Kidman, che ha deciso di acquistarne i diritti e coprodurlo, affidandone la riduzione al commediografo David Lindsay-Abare, autore di quel Rabbit Hole per cui l'attrice ha avuto la terza candidatura all’Oscar nel 2011. Nel romanzo e più o meno anche nel film, i disturbati rampolli della famiglia Fang diventati adulti sono un’attrice in disgrazia, che dopo aver interpretato un film molto amato dalla critica e una supereroina, ha ceduto al vizio dell’alcool che la porta ad amori e comportamenti stravaganti, e uno scrittore che, dopo un primo romanzo bene accolto e un secondo meno riuscito, è in pieno blocco creativo e per sopravvivere accetta di scrivere come freelance articoli su gente bizzarra come tre giovani veterani di guerra che hanno costruito uno spara-patate e passano il tempo a giocarci.
Non è importante sapere se quello che i Fang chiamano Arte lo sia davvero o se – come dibattono i critici del documentario all'interno del film – le loro non siano altro che esibizioni clownesche. Quel che conta è la gioia e la felicità che provano nel far accadere l'imprevisto portando scompiglio e movimento nelle vite proprie e altrui e la convinzione di Caleb che tutti i genitori danneggino i figli. A noi per guarire non resta che ucciderli (metaforicamente), dimostrando la bontà delle nostre scelte e cercando a nostra volta di non imporle automaticamente a chi è diverso da noi e che non ci appartiene, anche se lo abbiamo creato.
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