Regia e sceneggiatura: Giuseppe Tornatore. Montaggio: Massimo Quaglia. Musiche: Ennio Morricone. Fotografia: Fabio Zamarion. Scenografia: Maurizio Sabatini.
Interpreti: Olga Kurylenko, Jeremy Irons, Simon Meacock, Simon Johns, Patricia Winker, Florian Schwienbacher, Irina Kara, Anna Savva, Rod Glenn, Darren Whitfield, Jean-Luc Julien.
Produttori: Isabella Cocuzza, Arturo Paglia.
Distribuzione: 01 Distribution. Origine: Italia, 2015.
Le stelle, nel nostro immaginario, corrispondono ad una realtà immobile e fissa, da sempre pronte ad accompagnare il genere umano nel proprio percorso sulla terra. Ma anche le stelle, inesorabilmente, vanno incontro ad una loro fine. Può qualcosa di immortale incontrare un ostacolo invalicabile? E capita anche all’amore?
L’ultima fatica cinematografica di Giuseppe Tornatore, La Corrispondenza, sembra cercare proprio delle risposte a queste domande, nel raccontare la storia d’amore tra il maturo professore d’astrofisica Ed Phoerum (Jeremy Irons) e la sua giovane studentessa Amy Ryan (Olga Kurylenko) che riesce a pagarsi da sola gli studi lavorando come controfigura nelle scene d’azione sui set. Sprezzante del pericolo, la ragazza sembra però nascondere in tal modo qualche oscuro ricordo del suo passato, mentre la distanza geografica nel rapporto con Ed cresce sempre di più e i due sono costretti a comunicare via Skype e attraverso messaggi di posta e lettere, che Ed invia di frequente ad Amy sorprendendola. Ma quando all’improvviso la donna non riesce più a contattare il professore, l’unica traccia che le rimane sono proprio quelle lettere, per capire dov’è finito l’uomo e come fa ad esserle sempre così vicino nonostante tutto.
La pellicola è un’ampia riflessione sui misteri del cosmo, della fisica, dell’amore, della vita, della morte ma soprattutto della comunicazione: già il titolo – La Corrispondenza – evoca uno scambio fitto di messaggi non tanto virtuali, quanto cartacei. La tecnologia aiuta ad abbattere le distanze, ma è nella lettera sconosciuta relegata all’interno di una busta che si nascondono segreti, piccoli oggetti, misteri che rendono affascinanti i massimi sistemi elencati precedentemente. Con questi interessanti presupposti di partenza Tornatore prova a sciogliere questo dubbi muovendosi inquieto tra i territori del “thriller” (qui da intendere come scrittura della suspense) con venature soprannaturali, un po’ come era già accaduto nel suo Una pura formalità: il reale assume delle sfumatura misteriose ed inquietanti, uno strano senso di attesa sembra aleggiare sulle teste dei protagonisti – qui, nel caso specifico, grazie pure alla fascinazione esercitata dalle teorie astrofisiche sulle altre dodici versioni di ognuno di noi che esisterebbero in altrettanto, sconosciute, parti dell’universo – permettendo così ad una prima parte della narrazione di avere un tono sostenuto, un crescendo di tensione man mano che il mistero della scomparsa del professor Phoerum si infittisce. Risolto l’enigma si avvia una riflessione sulle relazioni e sull’Amore, su cosa resta quando finisce un amore (ostinato) e se siamo, sempre, davvero disposti a chiudere con quest’ultimo.
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