Regia: Alessandro D’Alatri. Sceneggiatura: Francesco Arlanch, Alessandro D’Alatri, Saverio D’Ercole. Fotografia: Ferran Paredes Rubio. Montaggio: Valentina Mariani. Musiche: Aldo De Scalzi, Pivio. Interpreti: Andrea Arcangeli, Paola Calliari, Matilde Gioli, Luca Di Giovanni, Matteo Vignati, Matteo Leoni, Thomas Peyretti, Guglielmo Poggi, Lidia Vitale, Massimiliano Gallo, Federigo Ceci, Loris Loddi. Produttori: Luca Barbareschi, Saverio D’Ercole. Distribuzione: O1 Distribution. Origine: Italia, 2017.
Matteo Achilli è un 18enne della periferia romana che conta di farsi strada con il nuoto agonistico. Ma il suo allenatore gli preferisce il figlio dello sponsor della squadra, e Matteo si rende conto che in Italia non è il merito che conta, bensì la raccomandazione. Essendo anche un ottimo studente accettato all'università Bocconi di Milano, Matteo decide di non arrabbiarsi ma di prendersi la sua rivincita, e inventa un social network che classifica gli applicanti ad ogni incarico professionale in base al merito utilizzando un algoritmo matematico che valuta in base a parametri oggettivi il background accademico del candidato.
Il fatto che il motore di ricerca si chiami Egomnia dovrebbe già suonare come un campanello d'allarme, e nella realtà le pagine dei giornali si sono ingegnate a delegittimare Matteo e la sua invenzione. Ma Alessandro D'Alatri, da sempre paladino di chi cerca di combattere il sistema dal di dentro con sana ostinazione provinciale, ha preferito concentrarsi sulla parabola di un ragazzo che prova ad emergere nonostante nuoti in un mare di squali (non è un caso che nel film le metafore acquatiche abbondino).
Ma D'Alatri ha avuto abbastanza buon senso da non mettersi in diretta competizione con il capolavoro di David Fincher, prendendo a prestito da lui soltanto la velocità di montaggio, necessaria per trasportare la regia nella contemporaneità (si pensi per contrasto alla magnifica lentezza di uno dei primi film di D'Alatri, Americano rosso) ma anche per gestire cinematograficamente una delle attività visivamente più noiose: la programmazione di un computer. Ciò nonostante il film sembra un rimando al passato, come se fosse ambientato negli anni Ottanta: il paradigma filmico diventa allora quel Wall Street che nel lontano '87 descriveva l'ascesa e caduta di uno yuppie intento a mangiarsi l'anima, oltre che la rucola. E la Milano di The Startup sembra ancora quella da bere, come se la crisi non avesse colpito anche le strade all'ombra del Centro Direzionale.
La confezione del film è eccellente, curata nei dettagli, veloce nelle transizioni narrative e divertente nel senso spettacolare del termine. D'Alatri ha avuto anche la saggezza di eliminare ogni inutile verbosità dal racconto, anche se troppo spesso al silenzio ha sostituito musiche sparate a palla (la colonna sonora è di Pivio e Aldo De Scalzi). La fotografia lucida e crudele di Ferran Paredes Rubio (recentemente dop di Indivisibili) fa il resto, rendendo The Startup quel che si definisce un'esperienza visiva piacevolissima.
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